Agli inizi del Novecento Bergamo decise di ripensare la Città bassa con un progetto che aveva lo scopo d’imprimere una svolta decisiva all’area fino ad ora occupata dal suggestivo impianto settecentesco della Fiera di Sant’Alessandro. La volontà di dare un nuovo cuore moderno alla città di Bergamo portò a bandire un concorso per il regno complessivo di quella che era destinata a diventare il fulcro pulsante della vita e delle relazioni di Bergamo bassa.

Nel 1906 fu indetto un concorso nazionale per la ridefinizione degli spazi occupati dalla Fiera ma la commissione giudicò inadatti gli undici progetti presentati i quali non proponevano alcuna soluzione idonea per la ricostruzione del centro di Bergamo; per questo motivo il 4 Febbraio 1907 venne emesso un secondo bando.

Tra i ventisette partecipanti prevalse il progetto “PANORAMA” elaborato dall’ingegnere Giuseppe Quaroni e dall’architetto romano Marcello Piacentini che prevedeva il mantenimento dell’impianto stradale ottocentesco con uno slargo diviso dall’antica Ferdinandea, la piazza centrale con fontana, il porticato affacciato sul Sentierone ripreso anche sul lato opposto con l’inserimento di una torre, la riproposizione per le nuove costruzioni delle linee architettoniche e delle altezze, pensate per non turbare la visione panoramica di città alta.

Proprio quest’ultimo aspetto sembrò essere quello decisivo per la scelta della commissione finale. Al progetto iniziale di Quaroni e Piacentini fecero seguito notevoli cambiamenti dovuti a interessi pubblici e privati, ai quali Piacentini fa fronte elaborando, sino agli anni venti, nuove versioni e collaborando con noti ingegneri e architetti operanti a Bergamo come Luigi Angelini, Ernesto Suardo e Giovanni Muzio.

«Io vedo la nostra architettura in una grande compostezza e in una perfetta misura. Accetterà le proporzioni nuove consentite dai nuovi materiali, ma sempre subordinandole alla divina armonia che è la essenza di tutte le nostre arti e del nostro spirito.»

(Marcello Piacentini – 1930)

Il ruolo primario svolto dall’architetto romano nella trasformazione dell’area su cui sorgeva la Fiera e degli spazi contigui è riconosciuto e tramandato attraverso il toponimo assunto all’epoca dalla zona, denominata “Centro Piacentiniano”.

L’opera congiunta di questi professionisti tra il 1912 e il 1927 e la loro capacità di dialogare con le forze economiche e l’amministrazione comunale produsse i tratti salienti di un’area più ampia di quella occupata dal complesso fieristico, vissuta e percepita dalla cittadinanza come centro effettivo di Bergamo, spazio per attività politiche, amministrative, finanziarie, giudiziarie e artistiche essenziali, snodo di congiunzione tra le diverse parti della città, prospettiva panoramica sul monumentale abitato antico.

Acquistate le botteghe di Fiera tra il 1906 e il 1914, il Comune decise di abbatterle e rendere esecutivo il progetto piacentiniano. Nel periodo 1912-1914 venne costruito il primo edificio, destinato alla Banca d’Italia.

Ad esso fecero seguito la Torre dei caduti (1924), opera di Piacentini, che disegnò numerose varianti prima di scegliere quella definitiva; il Credito italiano (1924), anch’esso opera di Piacentini; la Camera di commercio (1924), progettata e realizzata da Luigi Angelini; il blocco di edifici sul Sentierone (1925), opera di Piacentini definita da Luigi Angelini per le parti interne; la Banca bergamasca (1926), progettata da Piacentini ma affidata a Giovanni Muzio per l’architettura e la decorazione interna; il Palazzo di giustizia (1927), i cui lavori furono seguiti da Ernesto Suardo su progetto di Piacentini; il palazzo a destra di quello di giustizia (1927), progettato da Piacentini come nuova sede delle Poste e telegrafi.

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